Con il terzo Rapporto di “Civico 5.0” Legambiente ha focalizzato l’analisi dell’efficienza energetica degli edifici nei quartieri popolari.
“…dispersioni termiche, sprechi energetici e picchi di componenti da inquinamento indoor…”: il monitoraggio effettuato da Legambiente sugli edifici di cinque città italiane ha evidenziato anche queste problematiche.
Nel terzo Rapporto “Civico 5.0” sono state coinvolte 38 famiglie, di cui 9 in edilizia popolare, nelle città di Torino, Modena, Roma, Napoli e Reggio Calabria. A Roma, Legambiente ha operato nei quartieri di San Basilio, Garbatella e Tor Marancia, Laurentino e Spinaceto.
Con le analisi termografiche e con il monitoraggio dei consumi elettrici e dell’inquinamento indoor e acustico Legambiente ha toccato con mano l’inefficienza sul piano energetico degli immobili analizzati.
L’iniziativa di Legambiente, non solo con Civico 5.0, è quella di sensibilizzare cittadini e Istituzioni sul tema dell’efficienza energetica, ponendo attenzione ai temi nazionali così come alla dimensione locale, grazie anche alle attività dei circoli associativi.
Il messaggio sotteso al lavoro svolto da Legambiente è quello del “diritto alla Classe A per tutti e tutte”, nel senso di cogliere le necessità e le opportunità sul piano ambientale e, non di meno, di favorire la capacità di spesa delle famiglie, per prevenire e contrastare la povertà energetica. Allo stesso modo, viene posta la massima attenzione agli strumenti che possono favorire l’efficienza energetica, tra cui, ovviamente, il superbonus del 110%.
Il terzo Rapporto “Civico 5.0” è scaricabile dal sito dedicato. Per approfondire il senso del lavoro svolto dall’associazione nei quartieri coinvolti, ho intervistato Sibilla Amato (che ringrazio sentitamente per la disponibilità) dell’Ufficio Energia di Legambiente, che, con Katiuscia Eroe, responsabile Energia di Legambiente, ha curato il Rapporto.
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Qual è il senso che avete ricavato dal lavoro di Civico 5.0?
Quest’anno la campagna si è svolta diversamente dagli anni scorsi, abbiamo coinvolto di più i circoli di Legambiente sui territori, scegliendo le cinque città, questo ci ha aiutato a portare molto di più i temi – efficienza e sharing economy condominiale – all’interno di alcune realtà. Abbiamo svolto la presentazione generale, ora presenteremo il rapporto con incontri territoriali, sempre online e non solo. Sabato 29 maggio abbiamo fatto la presentazione per la Calabria, in questo caso siamo riusciti proprio ad arrivare in un quartiere di Reggio Calabria.
A Roma invece avete lavorato in quattro quartieri.
A Roma, in collaborazione con Ater e con il Municipio VIII, abbiamo fatto una serie di termografie “sparpagliate”, ma non abbiamo coinvolto in tutti i casi le famiglie. L’Ater ci ha segnalato alcuni Lotti di edilizia popolare, le famiglie coinvolte sono state a Garbatella, in alcuni lotti popolari e alcuni non popolari e al Laurentino, grazie anche ad un circolo di Legambiente.
Le termografie sono foto esterne dell’edificio, se non vado a riprendere quello che c’è dentro, non è una cosa invasiva. Per coinvolgere le famiglie, è più facile quando c’è un circolo sul territorio che ci fornisce il contatto e l’aggancio.
Perché avete scelto l’edilizia popolare come ambito dell’indagine?
La scelta dell’edilizia popolare è legata a questo anno: c’è stata l’emergenza sanitaria che, come denunciano la Caritas e la stessa Federcasa, ha portato all’aumento di nuovi poveri, una situazione ancora più problematica, con un 40% di persone che non riuscivano a pagare l’affitto, relativamente agli alloggi popolari. Quindi, se l’efficientamento energetico è la chiave per andare a ridurre gli sprechi e i costi in bolletta, migliorando la qualità di vita delle persone, è importante parlarne nel contesto dell’edilizia popolare.
E denunciare situazione in cui, come ad esempio a Reggio Calabria, nel quartiere Arghillà, un intero edificio non dotato di sistemi di riscaldamento, utilizzando le stufette a gas, aumenta in maniera importante le concentrazioni di inquinamento indoor in maniera più problematica rispetto ad altre realtà.
Ci è stato molto utile dialogare con i circoli regionali, è stato più facile individuare le situazioni più problematiche a livello territoriale.
Come vi siete organizzati con le famiglie?
Le termografie sono la parte più facile: non potendo entrare negli appartamenti per ovvie ragioni, abbiamo fatto le fotografie solo esternamente, per cui chiedevamo alle famiglie solo quando tenevano accesi i riscaldamenti, in modo da fare le foto alla facciata ed evidenziare il più possibile le dispersioni. Per quanto invece riguardava l’organizzazione pratica per le famiglie, dicevamo loro quando passavamo per consegnare i kit e fornire istruzioni.
Quali aspettative si sono create?
Non lo so esattamente. Abbiamo avuto un dialogo con l’Ater, alla tavola rotonda di presentazione del rapporto di Civico nazionale c’era il direttore di Ater Roma. C’è la possibilità, con il superbonus, di interagire con le case popolari. L’obiettivo è portare i temi sul territorio, ma anche denunciare certe situazioni. Il dialogo ed alcuni meccanismi si stanno già attivando con, ad esempio, il Municipio VIII di Roma
Attraverso Civico 5.0 abbiamo organizzato molti eventi online quest’anno e le domande erano sempre sul superbonus: i cittadini sono molto interessati a questo, alla possibilità di efficientare il proprio edificio senza dover sborsare le cifre che normalmente sborsano.
In che cosa consisteva il monitoraggio con i kit?
I kit di monitoraggio erano due: uno monitora il comfort interno, inquinamento indoor e acustico. Per l’inquinamento indoor, in particolare si monitorano i composti organici e volatili, PM 2,5 e CO2, è un kit che si mette in un ambiente della casa, in genere suggeriamo cucina o salotto, laddove si concentrano gli agenti inquinanti e la maggior parte delle persone. Il monitoraggio è per 1-2 settimane, abbiamo la possibilità di accedere al software che registra i dati, e vediamo i livelli con cadenza anche di 10 minuti, per cui vediamo la media del periodo e anche gli orari di pranzo e cena in cui i valori schizzano alle stelle. Lo stesso dispositivo monitora l’inquinamento acustico.
L’altro kit monitora i consumi elettrici. All’inizio consegniamo alle famiglie un questionario che devono riempire, in cui chiediamo gli elettrodomestici attivi in casa e il loro utilizzo durante la settimana. Sugli elettrodomestici maggiormente energivori installiamo dei plug che monitorano i consumi.
Oltre ai dati che presentiamo nel rapporto, alle famiglie che hanno partecipato consegniamo una scheda personale, in cui ci sono le termografie, e c’è una tabella in cui si vede l’incidenza degli elettrodomestici, l’inquinamento indoor. Le schede sono anche scaricabili dal sito, ovviamente in forma anonima.
Le famiglie sono state tutte collaborative, quest’anno per noi è stato più facile, abbiamo affidato ai circoli questo incarico di dialogare con loro. La parte più “antipatica” per le famiglie è stata la compilazione del questionario, perché è di 8 pagine, di cui 6 con le crocette, e a volte si lamentano che sono troppe pagine, bisogna pensare a quali luci si accendono durante il giorno, ma questo invita a porsi delle domande.
Tra i quartieri romani che avete monitorato avete notato delle differenze particolari?
La cosa che mi ha colpito è stato a Spinaceto, il livello di dispersioni c’era ovunque, ma tutto è molto relativo al tipo di edilizia, ma a Spinaceto si vedevano benissimo, nelle termografie, i pannelli messi a isolare che però non erano isolati tra loro, e quindi si creavano delle maglie critiche sulla facciata. Ogni quartiere ha la sua specificità, comunque.
E’ interessante comunque osservare i vantaggi che l’efficienza fornisce a chi vive nelle case, anche sul piano del valore immobiliare.
Nella narrazione che facciamo, tra i punti per cui è “bello” efficientare c’è la riduzione delle emissioni climalteranti, una riduzione dei costi in bolletta, un aumento del comfort, ma anche un aumento del valore dell’immobile. Parliamo tanto di spese in bolletta, ma più che percepire il troppo caldo o il troppo freddo, l’idea che si va a spendere meno è un linguaggio che suona molto alle famiglie.
A questo discorso si collega fortemente l’edilizia popolare, se risparmio in bolletta, riduco anche il problema della povertà energetica, di chi non riesce ad accedere ai servizi energetici primari.
Quanto costerebbe estendere un monitoraggio di questo tipo? Sarebbe un costo proibitivo?
Innanzitutto serve chi analizza questi dati, inoltre servirebbe una grande quantità di kit. Noi alcuni kit li abbiamo acquistati, e alcuni sono forniti da nostri partner tecnici.
Il primo anno ne abbiamo monitorate 25, questo è il terzo anno e siamo arrivati a 38 famiglie, per cui il numero è incrementato. A livello di termografie è meno costoso a livello economico e temporale. I kit invece hanno un certo valore economico.
Avete delle nuove idee su iniziative future?
Sicuramente porteremo avanti i monitoraggi, dobbiamo capire se in nuove città o continuando su alcune già selezionate. Poi, ogni anno, organizziamo il 17 aprile la giornata dei condomini aperti, per stimolare il senso di comunità. Abbiamo chiesto di organizzare un punto di sharing, quest’anno, alcuni svolti online, alcuni in spazi aperti. Inoltre, cerchiamo di estendere il numero delle famiglie coinvolte, acquistando più kit. Molto dipende anche dalle richieste che pervengono dai territori.
Sul tema delle comunità energetiche, mi viene in mente un facile link con l’efficientamento degli edifici.
Mi viene in mente il caso di Napoli, dove il nostro circolo regionale e il circolo La gabbianella e il gatto, a San Giovanni a Teduccio, collaborando con altre associazioni, hanno creato la comunità energetica. L’energia alimenta la comunità che è formata da una quarantina di famiglie, che vivono in una condizione non ottimale, risolvendo il loro problema di costi mensili e annuali. Questa e molte altre esperienze le raccontiamo nel rapporto che, quest’anno, si chiama “Comunità rinnovabili”. Quello che ci aspettiamo, quando si efficienta un edificio, è di dare un’attenzione in più, per avere la possibilità di autoconsumare la propria energia.
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Il lavoro svolto da Legambiente e gli spunti offerti da Sibilla Amato nell’intervista mi danno conferma del fatto che, sul tema del rapporto tra immobiliare ed efficienza energetica, convivono due istanze, solo apparentemente opposte: il patrimonio immobiliare italiano è mediamente vetusto ed inefficiente e ci sono strumenti per riqualificarlo massicciamente.
L’analisi compiuta dall’associazione ambientalista mette in evidenza concretamente le lacune dei nostri edifici, nelle nostre città. Allo stesso tempo, per quanto migliorabili, c’è una forte esortazione all’utilizzo degli strumenti – operativi e fiscali – attualmente in campo, a livello sia nazionale che locale.
Per me è inoltre interessante come Legambiente cerchi costantemente di creare un tessuto connettivo, per cui dialoga con i cittadini e con le famiglie e, contemporaneamente, con le Istituzioni e con gli Enti preposti.
Questo è uno degli aspetti più importanti, in questa fase storica. Proprio perché stiamo avviandoci ad una fase di maggior sicurezza sul piano sanitario, e proprio perché non possiamo tornare semplicemente a come eravamo prima, abbiamo bisogno di creare la ripresa, economica e sociale, dialogando con le persone, sia a prescindere che in virtù del ruolo che rivestono.
Qui nel mio blog è facile trovare post in cui, prendendo spunto da angolazioni diverse, racconto come la valorizzazione immobiliare aumenti in proporzione alla riqualificazione attuata, nei condomini come nelle singole proprietà.
E il lavoro di riqualificazione, al fine anche della valorizzazione, passa soprattutto per la sana ed efficace comunicazione con proprietari, affittuari, condòmini, amministratori.
E’ bene quindi contrastare la povertà energetica, ancora meglio prevenirla e fornire a chi vive la casa, in villetta come in condominio, una prospettiva che vada ben oltre il giusto ed auspicato risparmio sulla bolletta.
Abbiamo bisogno di case migliori, per oggi e, soprattutto, per domani.
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